Alla manifestazione “Venezia a Napoli” è presente anche Tanna: film vincitore del premio del pubblico Pietro Barzisa all’ultima edizione della settimana Internazionale della Critica di Venezia.
La pellicola è diretta dai documentaristi Bentley Dean e Martin Butler che, per dare veridicità alla loro storia, hanno vissuto per più di sette mesi a stretto contatto con la tribù indigena Yakel.
Ambientata sull’isola di Tanna nell’arcipelago Vanuatu del pacifico meridionale, la storia, tratta da fatti realmente accaduti nel 1987, racconta di una ragazza di nome Wawa, che si innamora di Dain, nipote del capo tribù. Quando i rapporti tra due tribù rivali si inaspriscono la ragazza, a sua insaputa, viene promessa in sposa ad un altro uomo. Non accettando il destino impostole dalla famiglia, Wawa decide di fuggire con Dain. Durante la fuga però i due giovani dovranno più volte fare i conti con le ragioni del cuore e il futuro della loro tribù.
Protagonista del film, unitamente alla storia d’amore tra i due ragazzi, è sicuramente anche il rapporto uomo-natura.è questo che fa nascere immagini potenti, evocative ed impregnate di simbolismo. Ed è lo splendore di questa natura incontaminata a regalarci uno dei momenti migliori sia visivamente che concettualmente del film, momento in cui alle prendici del vulcano dell’isola,il nonno insegna e sua nipote il vero significato del rispetto.
Risulta essere emblematico e di impatto il fatto che queste tribù abbiano resistito con forza e derterminazione ai cambiamenti dettati dalla religione e dalla cultura occidentale ma allo stesso tempo, abbiano deciso trasformare le proprie tradizioni e la loro cultura chiamata “kaston” inchinandosi all’amore e decidendo di abolire i matrimoni forzati.
Tanna è una storia universale fatta di rapporti tra padri e figli e soprattutto tra tradizione e amore, e ci ricorda che in fondo a prescindere dalle nostre origini e dalla nostra cultura, siamo tutti esseri umani che commettono sempre gli stessi errori.