«Non esistono verità sul processo creativo, ma approcci. Prendete appunti, ma ragionate su quanto verrà detto»: dopo un primo momento di conoscenza con gli studenti, inizia così la prima lezione di Nicola Giuliano, produttore cinematografico e direttore del Master in Cinema e Televisione. Un incontro centrato tutto su come si scrive un soggetto cinematografico per presentarlo a un produttore. «Chi scrive – afferma – deve essere in grado di “sedurre” chi legge, passando per la testa, il cuore e la pancia, così da riuscire a convincerlo a scegliere il vostro soggetto piuttosto che quello di altri». Con l’uscita in sala di dieci film a settimana, la tendenza italiana di andare al cinema circa due volte l’anno, e un pubblico poco informato, la concorrenza è infatti feroce. Lo spettatore è attirato da qualcosa che riconosce e lo chiama, identificabile già dal titolo: «Bisogna quindi riuscire a comunicare al pubblico, già col titolo, di cosa parla il film». Un aneddoto della sua esperienza di lavoro con Paolo Sorrentino aiuta a chiarire il concetto: «Per esempio il titolo del libro di Jep Gambardella, “L’apparato umano”, in una prima stesura dava il nome anche al film. Eppure non ci sembrava un titolo con cui riuscire ad attrarre gli spettatori in sala. Feci allora di tutto perché Sorrentino cambiasse il titolo. Gli dissi: “Va bene tutto, ma il titolo deve cambiare”. E trovò un’alternativa, così il film prese il nome di “La grande bellezza”».
La discussione si sposta presto sulla possibilità di scrivere il soggetto in prima o terza persona. «Usando una voce narrante in prima persona porto più dettagli al produttore-lettore rispetto alla terza persona – spiega Giuliano –. Bisogna però fare attenzione: scrivere un romanzo e scrivere un film sono due cose assai diverse. Nell’elaborare un soggetto filmico il problema è trasmettere ciò che si vede, vale a dire qualcosa che spesso è molto diverso dai contenuti trasmessi dal narratore in un romanzo».
Ecco un altro problema su cui Giuliano si sofferma: come mettere in scena il passare del tempo: «In “Le conseguenze dell’amore” – spiega – il protagonista, una volta a settimana, di giovedì, assume una dose di eroina. Eppure se lo spettatore lo vedesse fuori da un contesto, lo prenderebbe per un semplice eroinomane. La voce narrante però ha già fornito molte informazioni, ed ecco che la stessa sequenza acquisisce un senso del tutto nuovo. Intendo dire che la voce narrante potete utilizzarla oppure no: sta a voi scegliere il metodo adatto per ottenere il risultato desiderato».
Ma c’è in conclusione una caratteristica comune a tutti i film di successo? « È senz’altro il tema del film. Deve riguardare da vicino ognuno di noi. Potrà trattarsi dell’innamoramento, della morte, della paternità, ma sempre dovrà toccare corde profonde e comuni a tutti gli spettatori. Non basta: dovrete avere molto chiaro cosa volete comunicare allo spettatore su quel tema in particolare».
Mirko Cipriano