“La tv viene spesso trattata male e se ne parla come se fosse un caso disperato, invece chi vuole comprendere i segreti del successo di alcuni programmi non deve essere per niente snob”. E’ così che esordisce Massimo Cinque, coordinatore delle discipline Tv del Master in Cinema e Televisione, nella sua prima lezione e autopresentazione agli allievi. Autore di numerosissimi programmi Rai come “Domenica in”, “Fantastico”, “Unomattina” – che lo vede ora capo progetto – Cinque ha lavorato con personaggi come Gino Bramieri, Mara Venier, Pippo Baudo, Gigi Proietti, Pino Insegno, Morgan. “Chi si avventura in questo mondo – continua l’autore – non può sottovalutare il valore della comunicazione. Cosa intendo dire? Che è importante arrivare a quante più persone sia possibile. Quando vi avvicinate per la prima volta a questo mestiere, quanto più la comunicazione è di massa tanto più deve interessarvi. Tv, cinema, teatro, sono innanzitutto forme di comunicazione”.
Con la sua esperienza di regista, anche teatrale, e la capacità di coinvolgere il pubblico che appartiene agli attori, Massimo Cinque spazia nel suo discorso introduttivo dall’arte della Tv al rapporto con l’insegnamento: “A ogni lezione voglio tornare a casa portando con me qualche spunto creativo che provenga da voi. Io vi darò le basi del mestiere e molti stimoli, ma il resto dovete farlo voi: la macchina creativa di questa scuola siete voi”.
Non mancano i temi drammatici: l’autore televisivo racconta infatti del 13 novembre, di Parigi, e di come si è vissuta in studio la tragedia di quei giorni, della diretta fuori programma di sabato mattina 14 novembre e di come sia importante, per chi fa televisione, riuscire a trovare la giusta modalità narrativa su argomenti drammatici perfino quando rischiano di non suscitare più emozioni perché, per paradosso, se n’è parlato “troppo”.
I suoi personaggi di riferimento? Massimo Cinque cita mostri sacri della Tv come Pippo Baudo e Maurizio Costanzo, ma anche grandi attori comici del ‘900 come Totò, Eduardo De Filippo, Walter Chiari. Invita a non sparare su Maria De Filippi, “perché ha inventato un genere di successo con pochissimi elementi in scena e una conduttrice – lei stessa – che interviene pochissimo”. Punta però a sottolineare l’importanza del cambiamento, dell’ “elemento nuovo” che fa spettacolo. Un esempio? Il giovane pianista che poche ore dopo la strage di Parigi suonò “Imagine” di Lennon davanti il Bataclan e nell’arco di pochi giorni è diventato famosissimo perché i media se ne sono innamorati.
E infine il ruolo del silenzio in scena: “E’ una questione molto delicata. O sei Eduardo De Filippo oppure devi stare attento e imparare a gestire il silenzio. Samuel Beckett scrisse: ‘Un lungo silenzio si fece udire’. Aveva ragione. Il silenzio, spesso, è rumorosissimo”.