Marco Rossano è nato, cresciuto e si è formato culturalmente nella città partenopea laureandosi in giurisprudenza alla Federico II e diplomandosi in regia cinematografica presso l’università di Barcellona dove vive dal 2002. Il regista non si è mai allontanato con il cuore da Napoli, città che è sempre presente nei suoi lavori e che rappresenta il filo conduttore di tutta la sua carriera. Il regista ha scelto il Pan (Palazzo delle arti Napoli) per la presentazione del suo ultimo lavoro, Napoletani en Barcelona, tenuto conto della visibilità, che il museo ha nel panorama culturale della città “Ho lavorato su questa pellicola per oltre cinque anni, è parte della mia vita” afferma il regista.
Che cosa rappresenta per Lei Napoletani en Barcelona?
“L’idea di girare un documentario sulla comunità di Napoletani a Barcellona, nasce dai miei studi approfonditi sull’imponente fenomeno migratorio di giovani dal sud verso città europee e in particolare Barcellona. Parlo di ragazzi che hanno fatto una scommessa di vita, lasciando la propria famiglia e che sono riusciti a realizzarsi anche lontano dalla propria terra; grazie però alle nuove tecnologie e ai mezzi di trasporto più veloci, il legame con la città natale non si spezza, al contrario si rafforza mantenendo inalterate le proprie radici”.
Dove e come nasce la Sua passione per il cinema?
“Quando ero ancora a Napoli, recitavo al teatro Elicantropo ma quanto più tempo trascorrevo sul palco tanto più mi rendevo conto di voler essere dietro la scena e non avanti. Sono approdato al cinema perché la mia è una forte passione, non ho fatto altro che coltivarla. Ho cominciato subito dopo il diploma a girare cortometraggi e quindi a fare esperienza, non puoi girare film da un giorno all’altro, ci vuole molta dedizione e pratica”.
Quale genere Lo coinvolge in maniera particolare?
“Prediligo il genere documentario perché mi lascia ampia scelta di argomenti, posso raccontare ciò che desidero e mi permette di descrivere la vita delle persone che non riescono a parlare di se stesse”. “Ho girato diversi documentari in alcuni centri di recupero sociale sia a Napoli sia a Marcianise; è in questi ambienti che è nato il mio amore verso questo tipo di riprese, mi piace molto descrivere situazioni difficili con uno sguardo tutto mio e soprattutto ottimista, comunicare che può esserci qualcosa di bello anche nelle circostanze più drammatiche”.
Che cosa pensa della Sua città?
“Napoli è presente in tutti i miei lavori, da El Diego – concerto n°10 (2010) fino a Mondo Azzurro (2012) e Bannere (2013). Tutto ciò che ho raccontato fino ad ora e ciò che racconterò avrà sempre come sfondo la città partenopea, conosco bene questo luogo e non esiste cosa più bella che poter raccontare la propria terra nei documentari e da tutti i punti di vista”.
Dove immagina il Suo futuro?
“Più in là mi piacerebbe tornare a vivere a Napoli e perché no? – aggiunge sorridendo il regista – realizzare una commedia napoletana alla Woody Allen”.