Mario Martone da dove nasce l’idea di girare questo film?
“Questo film nasce dieci anni fa con la messinscena al Mercadante de L’opera segreta di Enzo Moscato. L’idea mi venne allora, quella sera di tanti anni fa, durante il monologo di Leopardi. All’inizio ero restio a girare un film ambientato nell’800, ma poi mi sono ricreduto. Gli attori che recitano sono vivi e i luoghi in cui lo fanno sono rimasti intatti da allora: questo film paradossalmente è ambientato nel presente e parla del presente”.
Come è stato girare a Napoli?
“A dirla tutta era da 15 anni che non giravo a Napoli ed ero letteralmente morto di paura! Ma poi, come insegna Leopardi, ho deciso di seguire la mia passione e, con amore e rispetto, ho rovesciato il dolore in potenza creativa”.
Elio Germano come è stato interpretare Giacomo Leopardi?
“Per interpretare questo personaggio così iconico ho dovuto, prima di tutto, capire la differenza che c’è tra il personaggio Leopardi e la persona Leopardi. Come persona è indefinibile e restituire la complessità del suo ‘essere umano’ è stata, per me, la vera sfida. Leopardi ti prende dentro, crea una dipendenza sana, possiede un aspetto vivifico inimmaginabile”.
Qual era il rapporto tra Leopardi e la città di Napoli, secondo te?
“Venendo a Napoli, Leopardi non ha più illusioni di amore e di gloria e si abbandona finalmente alla sua dimensione sensuale. Infatti – dice l’attore – l’unica scena non autobiografica del film è quella del lupanare, scritta da Enzo Moscato. Recanati per lui è l’alfa, Napoli invece l’omega, la porta d’Oriente che lo libera dalle catene della ‘dipinta gabbia’. Napoli muove tutto, Napoli è un pezzo di tutti”.