“Essere una consulente Rai ha fatto sì che io potessi sempre esplorare la parte più creativa del mio lavoro, alla quale tengo molto. In questo mondo non è importante la tecnica fine a se stessa, bensì l’esperienza personale, il gioco e soprattutto la passione. Tutti questi sono elementi fondamentali per la formazione di un gruppo di collaboratori forte e unito. Infatti, con le persone che ho conosciuto operanti in questo settore, condivido una grande intimità e amicizia.”
Così la docente Giusi Buondonno si presenta agli allievi del Master in Cinema e Televisione. La Buondonno ha svolto attività di regia, montaggio, stesura testi ed editing per molte produzioni televisive; attualmente sta curando la preparazione della serie I bastardi di pizzofalcone, tratta dal libro di Maurizio Di Giovanni.
La Buondonno inizia la lezione spiegando ai masteristi come si avvia la produzione di una fiction televisiva e quali sono i passaggi attraverso i quali essa si sviluppa. I produttori esterni inviano del materiale tramite il sito online di RaiFiction e, una volta distribuiti i progetti al direttore e alle altre figure di riferimento, vengono letti e valutati. Dopo aver individuato un progetto di qualità si può cominciare a ideare un racconto che sia adeguato al network, sviluppandolo a partire dal soggetto. “La messa in scena un racconto, – prosegue la docente – che sia per il teatro, il cinema o la televisione, è frutto di un processo psicologico profondo. Bisogna dunque mettere in gioco sé stessi e la propria emotività perché si sta raccontando una storia, che è la vita.”
Non ci sono regole precise che devono caratterizzare un soggetto o una serie tv, l’importante è trovare un equilibrio e una veridicità, nella quale il pubblico possa riconoscersi. C’’è il rischio infatti che senza un aggancio emotivo il format non funzioni. La lezione si conclude con un interessante gioco per gli allivevi di Mct che, divisi in gruppi, hanno dovuto sviluppare una storia sulla base di tre sequenze fisse stabilite dalla docente. Una per il primo atto, una per il secondo e un’altra ancora per il finale. Il risultato? Tre storie completamente diverse ma con gli stessi input.