“Cosa ne pensate?” è la domanda che il regista romano Francesco Munzi, nuovamente ospite al master di cinema e televisione in qualità di “docente d’eccezione”, pone agli allievi a conclusione di ogni ripresa. Il fine è quello di creare affiatamento tra i presenti e condurli a un ragionamento che ambisce a girare la scena perfetta. “Diego appare troppo rancoroso nei confronti del padre, dovrebbe essere più emozionato”, sostengono alcuni. Così, gli allievi del master si esercitano ed immedesimano nella professione di regista.
Ha le idee chiare, sa qual è il messaggio che vuole trasmettere e sa quali tasti toccare per comporre la sinfonia giusta. Il pluripremiato regista di “Anime Nere” lavora fianco a fianco con i masteristi per riprodurre realmente le riprese di“Una vita tranquilla” di Claudio Cupellini.
Nel film originale i protagonisti, Rosario e Diego, sono interpretati rispettivamente da Toni Servillo e Marco D’Amore. Ma in questo caso tocca invece agli attori professionisti Antonello Cossia (co-protagonista di “Song’ e Napule”e attore teatrale in varie opere di Toni Servillo) e Gennaro Di Colandrea (fondatore e direttore della compagnia teatrale “Marina Commedia”) interpretare i due ruoli portanti.
Leggendo la sceneggiatura di Filippo Gravino, Guido Iuculano e Claudio Cupellini, Munzi e gli allievi provano a rivisitare varie scene del film. La prima si svolge in Germanianel ristorante di Rosario (ex killer napoletano che lascia la famiglia per rifarsi una nuova vita), che dopo quindici anni rivede il figlio Diego ( negli anni diventuto anche lui killer). Per i due non è facile ritrovarsi; anche se visibilmente commossi, nessuno dei due ci tiene a perdere l’aria da duro, che è la maschera di ogni camorrista. E’compito dei giovani aspiranti registi dunque coordinare con precise indicazioni come costruire nel dettaglio la scena giusta. Francesco Munzi si dedica a loro con grande generosità mostrando loro e facendoli esercitare anche sulla tecnica del controcampo, dove gli attori sono posti uno di fronte all’altro e la telecamera ne inquadra uno per volta.
Nella seconda scena, padre e figlio si ritrovano in una tavola calda, i loro visi trasudano ansia e preoccupazione, i due discutono mantenendo una calma apparente e cercando di mascherare il panico che li pervade. “Secondo me, -esclama uno dei masteristi- c’è troppa enfasi e il tutto risulta troppo concitato, i protagonisti si trovano in un luogo pubblico, e Rosario che ha un passato da killer non può apparire così vistosamente preoccupato per la sua vita davanti al figlio. Ci vuole un atteggiamento più duro e freddo, da persona sicura di sé che sa affrontare ogni situazione”. Munzi, che con grande attenzione segue le azioni degli allievi, concorda con questa affermazione e consiglia di inserire un incrementale emotivo all’interno della discussione, così che possa prendere forma la situazione ideale che si intende ricreare.
Ed ecco che tra una ripresa e l’altra e un consiglio del regista e l’altro si conclude un’altra intensa giornata per gli allievi di MCT, ormai immersi totalmente in quello che per loro rappresenta il lavoro dei sogni.