Non solo in sala: il cinema sta traslocando. La nuova serie di videoclip diretta da Francesco Lettieri per il nuovo album di Liberato “Capri rendez-vous” ne è un esempio. Uscito la sera del 9 maggio, “Capri rendez-vous” è un viaggio in una Capri multiforme, vista attraverso l’occhio del cinema. L’isola diventa lo scenario di un amore impossibile, quello della diva Marì e del caprese Carmine, ma anche dello scorrere delle loro vite. “Capri rendez-vous” è una miniserie sul tempo e sul cinema stesso. È eloquente il dialogo tra i personaggi della giovane attrice Marì e del regista Dino, che irrompe nel primo dei videoclip. Il regista le spiega che “il cinema è una lotta contro il tempo: rende gli attimi eterni, ma è destinato allo sconfitta a causa della deperibilità della pellicola e del giudizio impietoso della Storia, che tutto conserva e tutto dimentica”. Anche il famoso critico francese André Bazin pensò il cinema in questi termini, addirittura come una filiazione contemporanea dell’imbalsamazione, perché risponde a un anelito tutto umano verso l’immortalità.
Ma cos’è che realmente resta impresso in un fotogramma e cosa di una vita, di un amore? Forse il ricordo di un sentimento che impregna lo spazio, il tempo e i corpi fotogrammati, come suggerisce l’ultimo video “Niente”. Vedere una foto è vedere oltre ciò che essa ‘riporta': Marì vede Carmine e vede Capri, il tempo che fu, come un’immagine rifratta in un cristallo.
Gli incontri della diva con il suo Carmine sono del resto gli incontri con l’isola stessa. E scandiscono un viaggio dello spettatore nella Capri di ieri e di oggi: la Capri anni ’60 con il suo bianco e nero granuloso, lo stare sui corpi e il loro surclassamento da parte di una Natura sconfinata; la Capri di oggi, malinconica, raffreddata e frammentata in una serie di fotogrammi, esteticamente in linea con l’era del turismo, dimentica della Capri che fu e attenta solo al simulacro che ne rimane. Eppure anche questo è racconto, un modo di rapportarsi al mondo: “Niente”, con il suo montaggio di fotogrammi nello stile di Marker, mostra la frammentarietà e la contingenza della vita ma anche la sua ‘puntualità’, il suo essere un insieme di momenti che riteniamo di volta in volta essenziali e che cerchiamo con tutti i mezzi di eternizzare attraverso le immagini. Nella speranza che l’assenza non sia ‘niente’, ma un’altra forma della presenza.
Edoardo Esposito