Per la sua seconda lezione al Master di Cinema e Televisione, lo sceneggiatore Andrea Garello, si sofferma sull’elaborazione del personaggio all’interno della sceneggiatura.
“Molto spesso capita che ci venga in mente un personaggio, che conosciamo o abbiamo visto – esordisce Garello – e, proprio da questi ultimi, parte l’ispirazione per la stesura di una trama. Può anche capitare però che l’idea nasca da una storia che abbiamo sentito e ci ha colpito a tal punto da desiderare di raccontarla; in questo caso ci focalizzeremo di più sulla struttura e meno sul personaggio. Per fare certi lavori non ci sono delle fasi predeterminate ma bisogna sempre tenere a mente quali sono i nostri obiettivi e come fare per conseguirli”.
Lo sceneggiatore di Smetto quando voglio spiega agli allievi del Master l’importanza del primo atto di una sceneggiatura e soprattutto della premessa nella quale vi è il set up del personaggio e del plot, che di norma dura intorno ai cinque minuti. “Poniamo il caso che siamo partiti dall’idea di un plot – continua Garello – in un primo momento inizieremo a svilupparlo e avremo i personaggi che non sono altro che figurine, come ad esempio “il buono”, “il cattivo”, “l’ingenuo”, “il complice” e similari. Questa è la fase embrionale in cui non abbiamo l’idea chiara del tema, ma solo del plot. In tal caso il mio consiglio è quello di iniziare a creare un piccolo scheletro dove inserire queste prime idee, in quanto in questa fase, probabilmente, decideremo anche una tipologia di protagonista”.
“E’ il personaggio che muove la trama e non viceversa – sostiene lo sceneggiatore – se succede il contrario vuol dire che egli si sta inchinando a fare qualcosa fuori dalla sua natura”. Inoltre Garello cita l’importanza del patto narrativo stipulato con lo spettatore che sta a rappresentare che qualunque sia la situazione che uno sceneggiatore e un regista vengono a presentare, essa sarà coerente alla premessa. Quando il patto narrativo viene violato lo spettatore sospende il proprio interesse nei confronti della storia.
Garello poi racconta ai ragazzi che la sua parte preferita dell’elaborazione della sceneggiatura è la stesura della biografia del personaggio, e a tal proposito spiega: “una biografia che si rispetti incomincia dai genitori; è essenziale scrivere chi fossero per far capire le origini del personaggio. Si possono creare dei cross-over, dei mix, di caratteristiche di varie persone che conosciamo. Quello è il momento di free-style di uno sceneggiatore, quindi godetevelo!”.
Il docente sottolinea anche la grande importanza che hanno i personaggi così detti “secondari” che di norma entrano in scena dopo il protagonista. “Nelle sceneggiature dei film italiani, che di norma hanno una durata di 90’, i personaggi secondari – spiega lo sceneggiatore – non sono ben approfonditi e hanno poco peso specifico nella storia. Invece nelle sceneggiature americane i co-protagonisti hanno poche ma importanti caratteristiche che però gli danno un valore ed un peso specifico all’interno della trama. Inoltre è importante che i comprimari non devono arrivare troppo tardi nella storia perchè spesso la loro apparizione comporta un cambiamento significativo a cui segue quasi sempre un colpo di scena (tipico del genere crime) che va a modificare lo status quo del protagonista”.
Così, nel corso della lezione, per far comprendere meglio agli allievi del Master l’importanza dei personaggi, primari e secondari, Garello dedide di proiettare la premessa di due films famosi: Witness – il testimone (1985) diretto da Peter Weir e interpretato da Harrison Ford e Kelly McGillis e Brivido Caldo (1981) diretto da Lawrence Kasdan, con William Hurt e Kathleen Turner. Il primo, ambientato parzialmente in una comunità Amish del nord-America, presenta una narrazione lenta e immagini fortemente tematiche ed è un film adatto ad un personaggio forte e eroico come Harrison Ford che interpreta un agente di polizia sulle tracce degli assassini del suo collega. Il secondo film, invece, presenta un piano di lettura diverso, basandosi su tanti brevi dialoghi tra il protagonista (classico Don Giovanni) e la co-protagonista (perfetta femme fatale) che fanno capire l’andamento della storia sin dai primi minuti della narrazione.
La lezione termina con un consiglio che lo sceneggiare tiene a lasciare ai ragazzi: “il mestiere ti insegna ciò che proprio non devi fare. L’unico dogma esistente per uno sceneggiatore è quello di non avere dogmi. Quando scriverete su commissione o elaborerete remake di alcuni films, vi troverete a riadattare delle opere nelle quali non vi rispecchierete molto. L’importante però è fidarsi del proprio istinto e soprattutto non dimentichiamoci che siamo ancora creatori del nostro universo”.