Mondo Za non è solo il mondo di Zavattini, intellettuale, scrittore di cinema tra i più importanti e padre del neorealismo, ma è un mondo “a partire da Zavattini, ispirato a lui”, come dice Gianfranco Pannone, autore del documentario Mondo Za. “Zavattini era un intellettuale dai tanti volti che aveva la peculiarità di voler ritornare nei suoi luoghi, di essere un intellettuale sulla strada” continua il regista, e il suo film è tutto nello spirito del ritorno zavattiniano a “luoghi intrisi di leggenda e di storia, di cultura bassa e alta, lungo il percorso del Po”. Proprio il fiume, scrigno di storie e di sentimenti, è uno dei grandi protagonisti del film, insieme agli abitanti della Bassa Reggiana.
La natura acquerellata ed elegiaca ripresa da Pannone è tanto malinconica quanto speranzosamente illuministica, come l’animo dei protagonisti, amorevolmente ritratti, con le loro storie, spesso tragiche, e alla ricerca di un tempo perduto, delle proprie radici (le gesta dei partigiani, il comunismo, segni di un’epoca che non c’è più). Tra queste radici ci sono anche il cinema, che ha ripercorso a lungo le sponde del Po, da Visconti a Bertolucci, e lo stesso Zavattini, lo scrittore e pittore, un po’ matto ed eccentrico, naïf, come l’amico e conterraneo Ligabue, e che “è stato creato dalla Bassa Reggiana e che ha al contempo contribuito a ricrearla”. Za aveva a cuore il proletariato e coloro che il progresso ha dimenticato, aveva maturato l’idea di “un cinema di tanti per tanti” e “questo non era soltanto un sentimento cristiano, era il sentimento di una socialità attiva, operante, reale, quindi un mutamento rapportuale, totale”, come ribadiva in un suo scritto. Il ritorno alle origini e alla vita colta in tutta la sua semplicità era allora una missione e una conquista intellettuale, morale, politica, per Zavattini, che decise di trascorrere a Luzzara gli ultimi anni della sua vita, riacquistando la casa e il ristorante dei genitori, che erano stati precedentemente venduti. Oggi la sua eredità passa ai giovani, come i due rapper di colore del documentario, che vivono nella Bassa e che si ispirano tanto alla cultura africana quanto alla cultura del posto, a Zavattini stesso, in vita grande viaggiatore e apostolo del neorealismo in giro per il mondo, intonando: “fare cultura è creare la vita”. E Pannone, aderente al magistero zavattiniano, osserva, contempla e fa parlare la vita, incessantemente in movimento, come le acque del Po e le idee visionarie di Za.
Edoardo Esposito