L’attore e regista Rocco Papaleo incontra il pubblico partenopeo per presentare “Onda su onda”, ultima sua creatura cinematografica in cui è protagonista insieme ad Alessandro Gassmann, Massimiliano Gallo e la giovanissima argentina Luz Cipriota.
Il film narra la storia di Ruggero (Gassmann) cuoco solitario e Gegè (Papaleo) esuberante cantante che deve raggiungere Montevideo per un concerto, occasione imperdibile per il suo rilancio. All’inizio tra i due non corre buon sangue, ma un evento inaspettato li costringerà a stringere un’amicizia forzata. Nella capitale uruguagia li accoglierà una donna, Gilda Mandarino (Cipriota), l’organizzatrice dell’evento. Ma non tutto andrà come previsto… A Montevideo si intrecceranno i destini e le vite di due uomini diversi ma accomunati dallo stesso desiderio di rinascita.
Com’è nata l’idea di girare il film in Uruguay?
“In primo luogo mi ha affascinato l’assonanza tra l’Uruguay e la mia regione, la Basilicata. Per una questione geografica infatti, entrambe sono circondate da realtà maggiori che conferiscono loro un ruolo più marginale. Inoltre vi è un’assonanza sentimentale perché il popolo che abita l’Uruguay è molto simile a quello lucano per la sua di discrezione, umiltà ma anche per il grande orgoglio e senso d’appartenenza al proprio territorio.
I temi principali del film sono il viaggio e la musica sono elementi autobiografici?
Il viaggio è sicuramente un “leit motiv” della mia vita soprattutto quando mi propongo come autore delle cose che faccio. Il viaggio in questo caso diventa una condizione esistenziale più che reale, vi è l’idea di muoversi da un punto di vista sentimentale. Nel film racconto proprio di personaggi che hanno la possibilità di riflettere, di immergersi in una sorta di sospensione di tempo per vivere senza la frenesia degli accadimenti e delle pressioni esterne. Non a caso come mezzo di trasporto abbiamo preferito la nave all’aereo che è sicuramente più veloce.
La musica invece costituisce la scansione emotiva e formale della mia scrittura. La colonna sonora di questo film è una musica diegetica, perché mentre la sentiamo la vediamo suonare. I musicisti poi sono gli stessi con cui lavoro da anni negli spettacoli teatrali e durante le riprese abbiamo suonato e cantato continuamente; abbiamo poi preso quelle musiche e le abbiamo cotte a vapore, per ammorbidirle e non farle perdere il sapore originale.
Il titolo nasce dalla canzone omonima?
Certamente non ignoravo la canzone di Paolo Conte. All’inizio la scelta era vasta, abbiamo scelto “Onda su Onda” perché è un titolo orecchiabile, ma soprattutto perché è un orecchiabile che ha un contenuto. Questo contenuto l’ho trovato alla fine del secondo ritornello della canzone, che dice: “Onda su onda ci siamo ambientati ormai, il naufragio mi ha dato la felicità che tu non mi sai dare”.
La scelta di dirigere un film ogni tre anni è casuale o dietro c’è della scaramanzia?
Non è una scelta scaramantica, ma tre anni sono secondo me il tempo necessario per far lievitare l’ispirazione. Ammetto che mi piacerebbe essere più breve in modo da poter ricordare molte più cose. Preferisco infatti fare l’attore dei miei film perché è un’esperienza più totalizzante e posso decidere anche qual è il tono che mi interessa esprimere.
Cosa consiglierebbe ai giovani che stanno studiando per intraprendere la carriera artistica?
L’unica cosa che mi sento di consigliare è quella di capire quale sia il proprio talento e con tenacia coltivarlo. Non è facile ed inevitabilmente ci vuole anche tanta fortuna, ma l’importante e non arrendersi e soprattutto affinare sempre le proprie competenze aspettando il momento giusto per mostrare le proprie capacità.