“Chiunque voglia fare televisione deve categoricamente interessarsi al mercato televisivo e per essere dei buon operatori non dovete guardare la tv che vi piace, bensì, guardare la tv come strumento di lavoro”. Con queste parole lo scrittore Franco Matteucci, ex autore e regista televisivo, inizia la sua lezione al Master in Cinema e Televisione dell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli.
L’ex vicedirettore Rai continua la sua analisi del mercato spiegando agli allievi la funzione dell’Auditel (società che si occupa della rilevazione dei dati di ascolto televisivo). “Il valore dell’Auditel – spiega Matteucci – deve essere sempre considerato, nonostante oggigiorno si creda, erroneamente, che i suoi dati non siano più attendibili. Grazie a questa società possiamo conoscere la percentuale di share, l’età e perfino il livello culturale degli spettatori di un determinato programma. Il problema più grande con cui si dovrà fare i conti in futuro sarà quello di gestire al meglio il mercato concorrenziale e per far sì che ciò avvenga bisogna viverlo quotidianamente; cosa che, purtroppo, molti non fanno. Un consiglio: dovete vivere a pane e Auditel!”.
La scelta di Matteucci di parlare di rilevazione dei dati di ascolto non è stata casuale; infatti è noto come il prestigioso programma televisivo del Festival di Sanremo, in onda su Rai1, ha letteralmente scardinato gli standard relativi alle percentuali di ascolto dei programmi della tv generalista. Se, mediamente, una trasmissione molto seguita in prima serata raggiunge il 20-25% di share, il Festival di Sanremo raggiunge il 47%, con picchi anche del 49-50%. Questi dati, estremamente significativi, evidenziano l’importanza e la visibilità raggiunta dal Festival durante i suoi cinque giorni di diretta nazionale.
L’ex autore televisivo parla, in seguito, di “menù televisivo” riferendosi al comune e famoso palinsesto: “il menù generale di una tv riportato sul palinsesto – evidenzia il docente – è la chiave di volta per capire come snellire e migliorare l’offerta di un dato programma. Passando dalle reti Rai alle reti private Mediaset, Sky e similari, attraverso un processo di digitalizzazione e di diversificazione dei canali, ci troviamo, ora, nell’ipermercato della televisione. Paragonando appunto il palinsesto ad un menù, possiamo dire che siamo passati dal menù fisso (di pochissime reti), al menù alla carta, grazie alle prime piattaforme televisive, per arrivare infine al buffet, dove è lo stesso spettatore a scegliere. Il mercato sarà sempre più orientato verso “il buffet” e, nonostante ci siano certe logiche indistruttibili, prima o poi, sarà il mercato stesso a cambiarle”.
La tv è un’industria che obbedisce a regole precise di marketing. Quando un programma risulta un “flop”, ad esempio quando tramite indagini Auditel un programma fa una percentuale di share minore di quanto atteso, allora è tenuto a pagare i direttori marketing che hanno previsto costi più alti. “Inserirsi in questo mercato concorrenziale confuso e complesso – conclude Matteucci – risulta molto difficile, dato che ormai ‘è tutto un marketing’ ”.