“La scrittura è una maratona fatta solo di volontà. Raccontare le mie storie agli altri è la cosa più intelligente che abbia scelto di fare nella mia vita”. Così si racconta Andrea Garello, sceneggiatore del fortunato film “Smetto quando voglio” (2014) e docente di sceneggiatura del neonato Master di Cinema e Televisione dell’Università Suor Orsola Benincasa. La prima lezione è servita come un piattino d’oro colmo di tecniche e storie preziose per gli studenti del master. “Cominciai a scrivere racconti che facevo leggere solo alla mia fidanzata e a mia madre – si racconta Garello -. In seguito a una delusione d’amore, decisi di iniziare un romanzo. In realtà non ho deciso io di scrivere, era l’unica cosa che sapevo fare, la vita decide per noi più di quanto siamo disposti ad ammettere”.
Dopo due anni di apprendimento alla “Scuola Holden” di Torino, Garello scrive un altro romanzo e avvia una promettente carriera di sceneggiatore scrivendo per molti generi: family, sitcom, crime, soap opera, cartoni animati e altri ancora. Ora afferma che la scrittura è un mondo molto più complesso di quello che sembra, dove la passione conta più di tanti altri aspetti: “Parti con l’idea di essere autore, ma poi ti ritrovi a scrivere su idee di altri, e alla fine ti accorgi che sei un po’ mercenario: è per chi ti paga che ti viene più voglia di scrivere”.
C’è un’urgenza narrativa? “Esistono due categorie di persone – spiega Garello – quelli che vivono la vita e quelli che la sognano. Gli sceneggiatori appartengono senz’altro alla seconda categoria. L’importante è scrivere cose connesse intimamente a voi stessi. Una buona sceneggiatura parte dal raccontare cose che abbiamo visto o che conosciamo”. E ancora, “Il cinema o la tv devono raccontare qualcosa, nelle anime dei personaggi, in cui sia l’autore sia il pubblico possano riconoscersi”.
Garello sostiene che la scrittura sia un modo per criticarsi, mettersi in discussione, cose che solo le persone insicure possono capire perché hanno tanto materiale “problematico” da offrire. “Più te menano – dice con dichiarato accento romano – più sei creativo”. Un esempio? Lo scrittore americano Raymond Chandler, “un disadattato che vedeva le donne come qualcosa di misterioso e irraggiungibile: è partendo da questa sua cosciente visione che diede vita alle celebri ‘dark lady’ dei suoi scritti”.
Una conclusione ideale per la sua lezione? “E’ importante che in un film ci sia un grande lavoro di squadra. Tutti i componenti del cast tecnico e artistico devono funzionare coordinati come ingranaggi di un orologio. Il regista? Deve saper essere un gran mattacchione. Quanto a noi sceneggiatori, dobbiamo illudere i produttori di venir sempre incontro alle loro aspettative. Ma poi possiamo infiltrare, quasi mascherato dalla trama del film, un ‘tema’ che nessuno si aspetta. Ed è proprio quest’ultimo la nostra firma nel film”.