Quando si tratta di denudare la realtà socio-politica attuale e di mostrarne gli scandali e i complotti nascosti, ecco che il fenomeno criminale di turno non riesce a sottrarsi alla lente di ingrandimento-cinepresa di Stefano Sollima. Il regista romano inscena, secondo il cinisimo che lo contraddistingue, l’altra faccia di un contesto corrotto, perennemente camuffato sotto la maschera del perbenismo borghese, del partito politico di tendenza, se non addirittura della guida spirituale cui spesso si aggrappano inconsapevolmente le speranze dei più.
Questa è l’anima di Suburra, ultimo film di Stefano Sollima, tratto dall’omonimo romanzo di Carlo Bonini e Giancarlo De Cataldo, la cui uscita nelle sale è prevista oggi 14 ottobre. Dopo aver segnato emotivamente il pubblico cinefilo e non, prima con Romanzo Criminale poi con Gomorra-La serie, il regista romano, inseguendo gli stilemi tipici del noir, riesce a dar vita sul grande schermo a uno straziante western metropolitano nel quale irrompono drasticamente, all’interno di una Roma cupa e trasandata, le torbide connessioni tra potere e criminalità.
La pellicola, interpretata da attori di successo come Elio Germano, Claudio Amendola e Pierfrancesco Favino, vede infatti intrecciarsi, “nei sei giorni che precedono l’Apocalisse”, le storie di alcuni eroi negativi che ruotano attorno al progetto di una maxi speculazione edilizia, chiamata “Waterfront”, che dovrebbe trasformare Ostia, il litorale romano, in una sorta di nuova Las Vegas. Per realizzarla servirà l’appoggio di un politico corrotto e di secondo piano, invischiato fino al collo negli affari della malavita. Nell’antica Roma, d’altronde, la Suburra era proprio il quartiere dove il potere e la criminalità si incontravano in segreto. Oggi, oltre duemila anni dopo, quel luogo esiste ancora. Ed è il palcoscenico in cui l’ambizione personale raggiunge vette altissime; dove l’unica fede diviene il profitto.
La città eterna resta nuovamente al centro di una narrazione audiovisiva nella quale la rappresentazione artistica di una bellezza metropolitana lacerata dalla decadenza e dai vizi morali, che già Paolo Sorrentino era riuscito a regalarci ne La Grande Bellezza, questa volta si perde nella putrida memoria di un sottosuolo ancora moderno in cui è forse proprio la “bruttezza” a prendere il sopravvento. E’ infatti lo stesso Sollima a presentare la pellicola alla stampa come “un racconto simbolico e allegorico su una città e sui Poteri che questa muove e dai quali è mossa. Se anche lo trovate d’attualità schiacciante, visti i fatti quotidiani al Campidoglio, potrebbe applicarsi a un periodo iniziato 20 anni fa e ancora in corso, e lo trovereste forse attuale anche tra 10 anni”.
Nel frattempo è in cantiere l’ideazione dell’omonima serie TV prodotta da Netflix.